Note biografiche

Laureato in “Psicologia clinica e di comunità” all’Università “La Sapienza” di Roma, con una tesi empirica sugli effetti di un intervento psicologico in pazienti con cardiopatia ischemica. Voto: 110 e lode.

Specializzato in psicoterapia della Gestalt presso l’Istituto di Gestalt Therapy HCC Kairòs di Roma.

Svolgo la mia attività a Firenze e a Viareggio.

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Energy Drink

Sempre più spesso fra i consumi dei giovani si stanno diffondendo gli energy Drink.
Gli Energy Drinks (ED, “bevande energizzanti”), sono bevande vendute in lattina dal sapore dolce ed appetibile, spesso addizionate con anidride carbonica. Sono composte, nella maggior parte dei casi, da diversi ingredienti non nocivi se presi singolarmente, ma probabilmente pericolosi se assunti in quantità elevate o miscelati ad altre sostanze. Il principale ingrediente è la caffeina, contenuta in quantità variabili che oscillano tra 80-200 mg (una tazzina di caffè ne contiene circa 80-85 mg, mentre ve ne sono 23 mg in una classica Coca Cola). La caffeina è una sostanza organica naturale con proprietà stimolanti sul Sistema Nervoso Centrale; la stimolazione caffeino-indotta del ramo simpatico del Sistema Nervoso Autonomo comporta un incremento della pressione sanguigna, della frequenza cardiaca e dell’afflusso di sangue ai muscoli, oltre a una diminuzione di afflusso sanguigno alla pelle e agli organi interni e al rilascio di glucosio da parte del fegato. Altro ingrediente di rilievo è la taurina, un amminoacido che contribuisce a regolare il battito cardiaco, le contrazioni muscolari e i livelli di energia; una lattina di ED contiene mediamente 1000 mg di taurina. Una nuova tipologia di ED, chiamata “Hardcore Energy Drink” risulta addirittura contenere, in una lattina da 250 ml, un quantitativo di caffeina e taurina tre volte superiore alle ED tradizionali. Il più “potente” ED in commercio è tuttora il “Wired x505”, dove 505 indica i milligrammi di caffeina contenuti nella lattina da 690 ml, oltre a 4400 mg di taurina e una quantità di vitamine del gruppo B che supera ampiamente la dose giornaliera consigliata. Altri ingredienti negli ED sono: guaranà (contenente altra caffeina), ginseng (che pure ha proprietà stimolanti), erba mate, ginko biloba, creatina, carnitina, glucuronolactone, zuccheri, antiossidanti, vitamine. La più venduta, grazie anche a una fortissima pressione pubblicitaria, è la Red Bull.

La Società Italiana di Farmacologia (SIF), esprime la propria preoccupazione sul fatto che gli Energy Drinks, nati come bevande energetiche, siano diventati i protagonisti di un nuovo modo di assumere alcol soprattutto da parte dei giovani: il consumo di cocktail a base di Energy Drink e alcolici (soprattutto superalcolici), è oggi una moda molto diffusa. Nonostante l’enorme popolarità a livello mondiale, in alcuni paesi europei ed extra-europei non è stata concessa l’autorizzazione all’immissione in commercio degli ED. La Danimarca e la Norvegia non ne hanno autorizzato la vendita.
Gli Energy Drinks sono bevande pericolose? Come è ben noto la risposta individuale agli effetti farmacologici della caffeina è molto variabile. In alcuni soggetti, l’assunzione di ED può causare un eccessivo aumento della frequenza cardiaca ed un incremento della pressione arteriosa. Come tutte le bevande contenenti caffeina, dovrebbe essere sconsigliata in pazienti affetti da cardiopatie congenite quali la sindrome del QT lungo. Inoltre, negli sportivi che li assumono prima di uno sforzo fisico prolungato, l’attività diuretica della caffeina può peggiorare lo stato di disidratazione provocato dalla perdita di liquidi con la sudorazione. Insomma, pur non trattandosi di bevande che presentano una spiccata tossicità se assunte da soggetti sani, sono comunque bevande che in determinate condizioni possono essere pericolose per la salute.
Ancora più pericolosa è l’abitudine ad assumere cocktail a base di ED e alcol. L’uso della miscela ED/alcol nasce dalla voglia, da parte di chi la consuma, di una bevanda che abbia gli effetti euforizzanti dell’alcool, ma che contemporaneamente non stordisca. Gli ED possono in effetti dare l’illusione di combattere efficacemente gli effetti sedativi dell’alcol. Ma lo stato di ebbrezza viene piuttosto mascherato, mentre segnali coma la fatica e la sonnolenza sono solo attenuati e restano in agguato, poiché la concentrazione ematica di alcool non viene modificata. Una volta terminati gli effimeri effetti della bevanda energetica, la sbornia si può materializzare con il suo sgradevole corteo di sintomi: vomito, cefalea, disequilibrio, sonno. Infine la disidratazione, che è una condizione aggravata sia dalla caffeina che dall’alcool ed eventualmente anche dall’esercizio fisico praticato dai giovani in discoteca.
I pericoli cui abbiamo accennato sono attualmente oggetto di discussione anche nella comunità scientifica, e sono stati denunciati di recente in alcuni articoli apparsi in letteratura. In particolare, i rischi derivanti dall’assunzione simultanea di ED+alcol consistono:
- nella possibilità che soggetti che non hanno una sufficiente percezione del loro stato di ebbrezza possano essere responsabili di incidenti;
- nella mancata percezione degli effetti sgradevoli dell’alcol, tale da indurne l’assunzione di quantità eccessive e di conseguenza aumentare le probabilità di sviluppo di dipendenza da alcol. E’ possibile che qualcuno ritenga queste preoccupazioni eccessive e obietti che si tratta di sostanze legali, che bisogna considerarla una sorta di trasgressione soft e che infine qualcosa bisogna pur bere. La stessa confezione degli ED, colorata e scintillante, in fin dei conti attraente, tende ad attenuare giudizi troppo severi. Certo la reazione generale sarebbe diversa e sicuramente più allarmata se pensassimo a giovani e giovanissimi che associano nottetempo gin, vodka o whisky a dosi massicce di caffè. Nonostante le conoscenze attuali siano circoscritte a Energy Drinks assunti da soli e quindi a un rischio di tossicità tutto sommato modesto e limitato a determinate condizioni fisiopatologiche, la SIF ritiene che si debba affrontare il problema in maniera scientifica e razionale. Tuttavia nell’ultimo decennio le vendite degli Energy Drinks sono enormemente cresciute anche in virtù di campagne pubblicitarie che hanno puntato strategicamente e decisamente sul mondo giovanile.

Lo Staff

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Il sonno: suggerimenti per dormire bene

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Il sonno è fondamentale per l’ organismo per l’efficienza del sistema immunitario, per la salute in generale, per la crescita e per le corrette funzioni organiche. Quando si dorme, infatti, avvengono una serie di processi fisici e psichici che, rallentando tutte le attività del corpo e del cervello, permettono all’intero organismo di riposare. La mancanza di riposo, oltre ad interferire con i processi di crescita e ridurre le difese immunitarie, produce effetti negativi sulla concentrazione, sulla capacità di decisione e sull’efficienza. Vi suggerisco alcune regole per un buon riposo.

Prima di tutto consigliamo RITMI REGOLARI nel ritmo veglia-sonno. E’ bene alzarsi e andare a dormire più o meno alla stessa ora, anche nel fine settimana per creare un ritmo che facilita il sonno e abituare il cervello al tempo del riposo e a quello della veglia.

Il RIPOSINO POST PRANZO non dovrà essere più lungo di 30 minuti. Un piccolo sonnellino è utile per riacquistare energia  e non condiziona il riposo notturno.

PREPARARSI AL SONNO: prima di coricarsi è consigliabile creare un “momento” di riposo in cui spegniamo TV, PC, telefono cellulare, stereo, etc…e ogni altro apparecchio elettronico che stimola il cervello tenendolo attivo. Vi consigliamo di andare nella vostra camera da letto accendere soltanto le luci basse e prepararvi lentamente al sonno leggendo un libro nel silenzio della casa o ascoltando musica rilassante o per chi preferisce facendo qualche semplice esercizio di rilassamento. La temperatura ideale della stanza da letto è 17/18 gradi.

DARE AL CORPO I SEGNALI GIUSTI abbassando le luci e i rumori che sono le caratteristiche tipiche del giorno e quindi della veglia. Il sonno richiede buio e tranquillità: è bene quindi spegnere tutte le spie luminose presenti nella camera da letto e preparare tutti i nostri sensi al riposo. Se non è proprio possibile oscurare completamente tutto..usate pure la mascherina copri-occhi.

NON ANDATE A LETTO DIGIUNI O TROPPO SAZI: queste due condizioni estreme legate al cibo possono provocare disturbi del sonno. Se andate a letto digiuni potreste essere svegliati dai crampi della fame, al contrario le cene troppo ricche potrebbero crearvi problemi di digestione. Per la cena meglio privilegiare gli zuccheri lenti (pomodori, pasta e pane), i latticini e la frutta che favorisce il sonno come le banane, i mandarini, i datteri e i fichi.  La caffeina contenuta in caffè, tè e coca-cola è sconsigliata prima di dormire. Fate attenzione anche a sigarette e alcool perchè anche se sembrano indurre il sonno sono in realtà eccitanti.

EVITARE I SONNIFERI se si ha problemi a prendere sonno. Spesso le ragioni delle difficoltà a prendere sonno dipendono dallo stress dovuto alla attività quotidiane è quindi consigliabile cercare di prendere sonno con metodi naturali: esercizi di rilassamento, yoga e meditazione. In questo modo la mente si rilassa e si prenderà più facilmente sonno.

NON BERE ALCOOL prima di dormire. Per conciliare il sonno sono consigliate tisane a base di camomilla,passiflora, valeriana e melissa, in alternativa può andare bene anche una tazza di caffè d’orzo.

NON GUARDARE LA TV subito prima di addormentarsi: è fortemente sconsigliata la presenza della televisione in camera da letto. Molto meglio un buon libro prima di cedere al sonno.

NON STARE A LETTO SE NON PRENDETE SONNO, se per oltre 45 minuti state a letto ad occhi aperti è molto meglio alzarsi, cambiare stanza e distrarsi senza eccitarsi troppo (quindi non accendere luci forti o televisione o pc) ma con attività light prima di provare nuovamente a dormire.

NON AVER PAURA DI DORMIRE o meglio il sonno deve essere considerato come un evento naturale e fisiologico e come un vero e proprio trattamento di benessere per il vostro organismo e ricordatevi anche che il sonno rende più belli!

A questo punto buon sonno pieno di sogni.

Lo Staff

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I sogni nella prospettiva della psicoterapia della gestalt

fioricoloratiLa teoria dei sogni di Perls segue la natura olistica della psicoterapia della Gestalt.

I sogni sono visti come proiezioni di parti di sé. Spesso si tratta di parti che sono state ignorate, rifiutate o addirittura soppresse. Uno degli scopi dell’ analisi del sogno nella terapia della Gestalt è quello di accettare e reintegrare queste parti.

Il sogno ha bisogno di essere accettato a pieno titolo- non spezzettato e analizzato al di fuori dell’esistenza.

Come in tutta la terapia della gestalt, l’analisi del sogno comporta un dialogo intenso e una messa in atto del sogno stesso. Il sognatore è invitato a entrare in dialogo con i vari aspetti del sogno. Il sognatore sarà anche incoraggiato a assumere la parte di alcuni elementi del sogno, in modo da agire il sogno partendo da quella prospettiva. Questo vale sia per gli oggetti inanimati come per gli quelli animati.

Così, per esempio, se si sogna di essere inseguiti attraverso un campo si potrebbe cominciare un dialogo in cui ci si rivolge all’inseguitore e si inizia a fargli delle domande. Poi si potrebbe prendere il posto dell’ inseguitore e iniziare a descrivere l’inseguimento da quel punto di vista. Questo processo potrebbe essere poi ripetuto dalla prospettiva di un albero che osserva l’inseguimento- una nuova prospettiva che potrebbe portare a comprensioni inaspettate.

Un fattore importante della teoria dei sogni di Perls è che poca o nessuna enfasi viene data ai simboli”universali”. Tutto il simbolismo è unico in quanto proviene dal sognatore e solo il sognatore può veramente interpretare. In questo modo l’analisi del sogno in gestalt elimina il concetto di analista come esperto.

L’idea che i sogni siano messaggi esistenziali, è stato fatto giustamente notare, è fuori sintonia con la terapia della Gestalt: ci dirige lontano dal reale, lontano dalla fenomenologia dei sogni e nella direzione di qualcosa a cui “ci si debba” riferire. Inoltre, come l’interpretazione preclude la scoperta dell’intenzione del sognatore nel fare proprio quel sogno, a favore dell’introiezione di una preesistente conclusione/soluzione riguardo al sogno stesso.

E’ per queste ed altre ragioni che generalmente, nella terapia della gestalt si evita l’interpretazione: essa favorisce l’introiezione inconsapevole (l’accettazione acritica e passiva di quanto detto dagli altri) e favorisce inoltre una relazione tra il terapeuta e la persona in terapia nella quale il primo incoraggio l’introiezione nel secondo. Questa concezione promuove l’autorità del terapeuta e la sottomissione della persona in terapia e lavora contro il primo intento della terapia: favorire la crescita dell’individuo. Infine l’interpretazione disturba il processo per il quale è l’individuo che scopre per se stesso la natura di ogni particolare sogno.

Lo staff

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L’ansia: cos’è e come si affronta

Frais__ANSIA_gSi parla spesso di ansia, disturbi d’ansia, attacchi di panico ma non sempre in una prospettiva utile per la salute e il reale benessere personale.

L’ansia è una condizione di attivazione psicologica e fisiologica accompagnata da un vissuto di tensione spiacevole; è dunque uno stato emotivo che insorge quando percepiamo situazioni di pericolo, di incertezza o siamo di fronte a scelte importanti che però creano conflitti interiori. è perciò importante comprendere che l’ansia è all’origine un segnale che ci serve per mobilitare le nostre risorse e orientarci nelle diverse situazioni, per poi agire nel modo più utile.

L’ansia diviene un problema quando, per varie ragioni, non siamo in grado di rispondere efficacemente a ciò che essa ci segnala: è allora che lo stato ansioso non trova soluzione nei nostri comportamenti e tende a protrarsi nel tempo. A quel punto se ne perde il significato originario e l’ansia viene vissuta come un peso insostenibile che richiede un urgente sollievo.

Purtroppo l’idea predominante assimila l’ansia a una “patologia”, per cui la soluzione prospettata più spesso è un farmaco ansiolitico, somministrato con l’intento di “curarla”. Gli ansiolitici (molto diffusi ma prescritti ed assunti con discutibile facilità), possono dare temporaneo sollievo attenuando l’intensità dell’ansia, tuttavia, dopo il breve periodo di assunzione, oltre ad avere effetti collaterali negativi sul funzionamento personale, producono dipendenza e soprattutto non incidono sulle cause psicologiche dell’ansia: hanno spesso l’effetto di un “coperchio chimico” che tappa temporaneamente un disagio che poi si ripresenterà. Se vogliamo invece incidere efficacemente su ciò che determina la nostra ansia, oltre che sui suoi effetti, è più utile e salutare concedere all’ansia che ci affligge un adeguato spazio di espressione, proprio per impedirne gli effetti cumulativi stressanti. Per farlo è necessario un contesto professionale appropriato: la consulenza dello psicologo mette a disposizione i qualificati strumenti per ottenere risultati anche immediati di benessere psicofisico. Anche nei casi di attacco di panico è possibile prendersi realmente cura di sé attraverso un lavoro psicologico personale che ha l’obiettivo di raggiungere un benessere più profondo e duraturo. Lo psicologo dispone anche di diverse tecniche che aiutano la persona a ridurre il livello di ansia ristabilendo un migliore equilibrio mente-corpo, ad esempio le tecniche di rilassamento progressivo, i sogni da svegli guidati, il training autogeno, ecc.; è comunque fondamentale che le tecniche utilizzate siano inquadrate in un percorso di consapevolezza della persona che procede verso la costruzione di nuovi significati e del benessere psicofisico.

Dott, Stefano Rossi

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Come affrontare la paura dell’anestesia generale

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Quando l’anestesia generale si rende necessaria, è abbastanza frequente riscontrare un timore più o meno esplicito di non risvegliarsi o che qualcosa non proceda perfettamente.

Un primo passo importante che può dissolvere i nostri timori avviene sul piano comunicativo: un’esauriente, chiara spiegazione delle condizioni di totale sicurezza dell’intervento con anestesista in sala operatoria, ha effetti favorevoli sulle nostre preoccupazioni. Se la consapevolezza che ne deriva non permette ancora di affidarsi all’anestesista, è opportuno dirigere l’attenzione verso quanto ci accade sul piano emotivo. L’ansia e la paura che proviamo sono in primo luogo stati emozionali, troppo spesso ritenuti aspetti intollerabili o patologici da evitare. Occorre invece dare adeguato spazio espressivo anche a certe emozioni proprio per impedirne gli effetti cumulativi stressanti e scoprirle in realtà preziosi segnali che ci aiutano a comprendere il significato delle nostre esperienze. Per farlo è necessario un contesto professionale appropriato: il lavoro e le tecniche dello psicologo sono i qualificati strumenti a disposizione della persona anche per ottenere risultati immediati di benessere psicofisico.

Dott. Stefano Rossi

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QUANDO IL CUORE HA BISOGNO DI …. CUORE! Gli aspetti psicologici nei problemi cardiaci

Le malattie cardiovascolari sono la causa più importante di mortalità, morbosità e invalidità nella popolazione italiana ed europea. Per gli eventi coronarici e l’infarto miocardico sono noti alcuni fattori di rischio che hanno un ruolo determinante: diabete, ipertensione arteriosa, dislipidemia (livelli alterati di colesterolo sanguigno), ma anche fumo, sedentarietà, alimentazione sregolata e sovrappeso.

Altrettanto determinanti nell’insorgenza di queste patologie sono alcuni fattori psicologici, come certi stati di stress cronico e livelli, anche lievi, di sintomi depressivi. In più, certi fattori psicoemotivi favoriscono proprio i suddetti comportamenti a rischio cardiovascolare e creano le condizioni per un altro problema importante, quello della mancata aderenza del paziente alle terapie e alle raccomandazioni sullo stile di vita indicate dai cardiologi. Molte ricerche documentano infatti che variazioni giornaliere dell’umore possono azionare o inibire il comportamento in modo determinante. Questo conferma come, abitudini quali fumare, rimanere sedentari o mangiare senza criterio, siano spesso messe in atto per ridurre velocemente la tensione da stress, per migliorare l’umore o semplicemente per sfuggire a sensazioni di disagio che possiamo provare nella vita di tutti i giorni. Purtroppo, dopo il momentaneo sollievo, queste abitudini hanno effetti deleteri sul nostro sistema cardiovascolare.

Quali misure preventive potrebbero incidere efficacemente a livello psicologico, sia direttamente sia sulle implicazioni comportamentali? Tanto per cominciare, non va mai trascurato il contributo importante che può essere offerto da programmi di educazione alla salute promossi dai presidii sanitari. Va però considerato che, per incidere sul piano psicologico, è necessario concedere alla persona almeno la possibilità di dar voce al proprio malessere in un contesto professionale appropriato: a questo proposito, si può constatare come nel nostro Paese la prevenzione primaria sia carente, specie quando ci si riferisce alla salute della persona vista nella totalità dei suoi aspetti.

Spostandoci sul versante della prevenzione secondaria (ovvero cosa si può fare dopo un evento cardiaco), è emblematico il caso dei pazienti reduci da una sindrome coronarica acuta (con o senza esito infartuale) e relativo intervento di angioplastica. Questi pazienti presentano quasi sempre una situazione complessa: (1) sono turbati da quanto è loro accaduto e si sentono emotivamente destabilizzati. Dopo la permanenza in ospedale, molti riferiscono di sentirsi abbandonati al momento della dimissione e di trovare difficile il rientro nella quotidianità. (2) Devono rimodellare la propria esistenza entro nuovi limiti e per questo hanno un senso di disorientamento. (3) Sono “obbligati” a cambiare stile vita e ad aderire alla terapia farmacologica, quanto meno per non incorrere in recidive della malattia.

Una nostra ricerca svolta con due gruppi di questi pazienti, nell’Unità di cardiologia di un ospedale fiorentino, ha indagato gli effetti di un intervento psicologico effettuato nel contesto della prima visita cardiologica di controllo, a un mese dall’evento cardiaco. L’intervento dello psicologo ha dato innanzi tutto la possibilità al paziente di esprimere il proprio vissuto, attenuandone il disagio: dare parola all’emozione, elaborando il senso di esperienze critiche come l’evento cardiaco, ha un naturale effetto terapeutico che giova anche al sistema cardiocircolatorio. I colloqui psicologici erano orientati anche a un maggior contatto della persona con i propri bisogni fondamentali, nel “quì ed ora” dell’esperienza. Questo ha permesso di sviluppare una reale motivazione a cambiare il proprio stile di vita, aderendo a sane abitudini quotidiane e costruendo nuovi significati esistenziali. Gli esiti finali sono favorevoli per i pazienti che hanno beneficiato dell’intervento psicologico: essi incrementano l’esercizio fisico quotidiano, passano a dieta e consumo alcolico ottimali, diminuiscono di peso, si astengono dal fumo e ottengono inoltre risultati migliori su alcuni parametri di benessere psicofisico, differenziandosi significativamente dai pazienti che hanno ricevuto solo la usuale visita cardiologica.

Questi esiti mostrano come una funzione dello psicologo sia quella di strumento che viene utilizzato dal paziente per entrare in pieno contatto col proprio mondo interno, mobilizzando risorse personali che spesso neanche sa di avere e che permettono di attraversare momenti critici importanti, generando nuove possibilità per la propria vita. La professionalità dello psicologo ben si integra con quella del medico perché può incidere efficacemente nei processi di cura proprio dove il “curare” si deve necessariamente intrecciare col “prendersi cura” di una persona nella sua unicità e con i suoi bisogni.

“Sentire un tuffo al cuore”, “metterci il cuore”, “dedicarsi con tutto il cuore”, “morire di crepacuore”, …. se pensiamo alle numerose metafore sul “cuore” che utilizziamo ogni giorno, ci rendiamo conto di come il cuore sia il centro pulsante della nostra vita affettiva ed emotiva che connota di significato le nostre esperienze. Al tempo stesso, se stiamo, anche per un momento, in maggior contatto con le emozioni che viviamo, possiamo sperimentare che queste metafore sono molto “concrete”: il nostro cuore merita sicuramente più attenzione!

Dott. Stefano Rossi

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Psicocardiologia

cardiopsicologiaLa Psicocardiologia è l’area della psicologia della salute che indaga i fattori psicologici che favoriscono la nascita e lo sviluppo di malattie cardiovascolari, in particolare, la malattia coronarica.
Nasce dall’incontro di diverse discipline, soprattutto psicologia e cardiologia.
La psicocardiologia prende spunto dall’assunto che vi sia una stretta relazione tra le emozioni negative (stress, rabbia, ostilità) che una persona vive e il suo sistema cardiovascolare.
Lo psicocardiologo interviene per modificare lo stile di vita del paziente cardiovascolare attraverso il colloquio psicologico con il paziente e con i familiari.
Infatti, Il colloquio psicologico clinico istituisce un peculiare spazio relazionale ove la persona può attuare una riflessione sulle proprie abitudini, sui propri comportamenti e sulle componenti affettivo-emotive che ne fanno parte. Questo rappresenta la base di partenza per arrivare a costruire una reale motivazione al cambiamento di quelle abitudini che costituiscono fattori di rischio cardiovascolari.
In particolare lo psicocardiologo aiuta il paziente ad acquisire le competenze psicologiche per convivere con la patologia cardiaca, promuove la conoscenza e l’elaborazione delle emozioni suscitate dalla malattia e stimola l’adozione di comportamenti cardiosalutari.
Un valido strumento per facilitare l’adozione di nuovi stili di vita è rappresentato da i gruppi psicoeducazionali.
Lo psicocardiologo si occupa di migliorare i fattori cardiovascolari di rischio relativi allo stile di vita (sedentarietà, fumo, alimentazione sregolata, abuso di alcol).
La psicocardiologia interviene nel campo della prevenzione primaria e prevenzione secondaria e anche nella riabilitazione cardiaca.

Lo Staff

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Contatti

Stefano Rossi Psicologo in Toscana

psicologo.salute@gmail.com

333-8573945

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